«Sotto osservazione» per il «vento illiberale» che spira dalle nostre parti. Il disegno di legge sulle intercettazioni diventa un «caso italiano» in Europa.
La Federazione europea dei giornalisti, riunita a Berlino per l’assemblea annuale, ha votato all’unanimità un documento che condanna duramente il disegno di legge strenuamente difeso da Berlusconi e dal Guardasigilli Alfano, che prevede misure disciplinari e l’arresto da uno a tre anni per i cronisti che pubblichino informazioni riguardanti le inchieste giudiziarie. Il dito viene puntato sulla «scusa della privacy», sventolata dal centrodestra per approvare di un provvedimento che «mette il bavaglio ai giornalisti e impedisce ai cittadini di essere informati su temi d’interesse pubblico compresi nelle inchieste giudiziaria». Un modo di procedere che per l’organizzazione è palesemente «contrario ai principi universali dei diritti dei media e della loro funzione nelle democrazie moderne: i giornalisti, infatti, non devono nascondere le informazioni d’interesse generale, sia originate da fonti libere sia da fonti confidenziali, che essi hanno il dovere di proteggere».
Dopo l’allarme lanciato da giudici, avvocati esperti di diritto dell’informazione e giornalisti di casa nostra a insorgere è dunque la Federazione dei giornalisti europei, che rappresenta oltre 200 mila cronisti di tutti i paesi dell’Unione e che dall’inizio degli anni ‘60 difende il diritto all’informazione. La preoccupazione dei vertici dell’organizzazione è che il provvedimento del governo Berlusconi crei un precedente pericoloso per l’intera Europa: «Il progetto di legge del governo italiano è contrario alle convenzioni internazionali e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo», si legge nel documento approvato all’unanimità ieri a Berlino. «La Federazione europea dei giornalisti mette sotto osservazione la vicenda e condurrà in ogni sede d’interesse europeo un’iniziativa sociale e etica per la libertà e la qualità del lavoro dei giornalisti. Venti illiberali per tentare di condizionare l’informazione soffiano qua e là in Europa e quello italiano è un caso d’osservazione e mobilitazione professionale e civile».
A Berlino, in rappresentanza dell’Italia, c’erano presidente, segretario e direttore della Fnsi Roberto Natale, Franco Siddi e Gianfranco Tartaglia. E alla nostra delegazione la Federazione europea ha assicurato che farà ancora sentire la sua voce in futuro. Nel documento approvato all’unanimità si annuncia infatti il sostegno della Feg al sindacato dei colleghi italiani «nel suo contrasto, nella sua opposizione contro il disegno di legge» e si fa «appello al Parlamento italiano a non approvarlo o a modificarlo profondamente».
La Fnsi incassa e si prepara alla battaglia. Domani si riunisce in seduta straordinaria la giunta del sindacato dei giornalisti. Sarà l’occasione per valutare se percorrere immediatamente la strada dello sciopero, una forma di lotta peraltro già adottata quando venne varato dal governo Prodi il disegno di legge Mastella sullo stesso tema. Non è però escluso che come primo strumento si ricorrerà ad altre iniziative, per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento.
Perché il punto per l’Fnsi è non soltanto denunciare, come pure fa il responsabile Comunicazione del Pd Paolo Gentiloni, che «si è resa la vita più facile ai delinquentii è reso più difficile il lavoro di magistrati e giornalisti », ma far capire che con questo provvedimento si ledono non i diritti specifici di una categoria, ma il diritto di tutti i cittadini a conoscere fatti rilevanti e a formarsi consapevolmente un’opinione. Ecco perché Giuseppe Giulietti lancia a editori e giornalisti la proposta di uscire nei prossimi giorni con una prima pagina simulata, come se la legge sulle intercettazioni fosse stata già approvata, sulla clinica Santa Rita di Milano o su un altro importante fatto di cronaca. Che, nota il portavoce di Articolo 21, «così o sarebbe ignoto o verrebbe semplicemente cancellato».
Simone Collini
La Federazione europea dei giornalisti, riunita a Berlino per l’assemblea annuale, ha votato all’unanimità un documento che condanna duramente il disegno di legge strenuamente difeso da Berlusconi e dal Guardasigilli Alfano, che prevede misure disciplinari e l’arresto da uno a tre anni per i cronisti che pubblichino informazioni riguardanti le inchieste giudiziarie. Il dito viene puntato sulla «scusa della privacy», sventolata dal centrodestra per approvare di un provvedimento che «mette il bavaglio ai giornalisti e impedisce ai cittadini di essere informati su temi d’interesse pubblico compresi nelle inchieste giudiziaria». Un modo di procedere che per l’organizzazione è palesemente «contrario ai principi universali dei diritti dei media e della loro funzione nelle democrazie moderne: i giornalisti, infatti, non devono nascondere le informazioni d’interesse generale, sia originate da fonti libere sia da fonti confidenziali, che essi hanno il dovere di proteggere».
Dopo l’allarme lanciato da giudici, avvocati esperti di diritto dell’informazione e giornalisti di casa nostra a insorgere è dunque la Federazione dei giornalisti europei, che rappresenta oltre 200 mila cronisti di tutti i paesi dell’Unione e che dall’inizio degli anni ‘60 difende il diritto all’informazione. La preoccupazione dei vertici dell’organizzazione è che il provvedimento del governo Berlusconi crei un precedente pericoloso per l’intera Europa: «Il progetto di legge del governo italiano è contrario alle convenzioni internazionali e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo», si legge nel documento approvato all’unanimità ieri a Berlino. «La Federazione europea dei giornalisti mette sotto osservazione la vicenda e condurrà in ogni sede d’interesse europeo un’iniziativa sociale e etica per la libertà e la qualità del lavoro dei giornalisti. Venti illiberali per tentare di condizionare l’informazione soffiano qua e là in Europa e quello italiano è un caso d’osservazione e mobilitazione professionale e civile».
A Berlino, in rappresentanza dell’Italia, c’erano presidente, segretario e direttore della Fnsi Roberto Natale, Franco Siddi e Gianfranco Tartaglia. E alla nostra delegazione la Federazione europea ha assicurato che farà ancora sentire la sua voce in futuro. Nel documento approvato all’unanimità si annuncia infatti il sostegno della Feg al sindacato dei colleghi italiani «nel suo contrasto, nella sua opposizione contro il disegno di legge» e si fa «appello al Parlamento italiano a non approvarlo o a modificarlo profondamente».
La Fnsi incassa e si prepara alla battaglia. Domani si riunisce in seduta straordinaria la giunta del sindacato dei giornalisti. Sarà l’occasione per valutare se percorrere immediatamente la strada dello sciopero, una forma di lotta peraltro già adottata quando venne varato dal governo Prodi il disegno di legge Mastella sullo stesso tema. Non è però escluso che come primo strumento si ricorrerà ad altre iniziative, per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento.
Perché il punto per l’Fnsi è non soltanto denunciare, come pure fa il responsabile Comunicazione del Pd Paolo Gentiloni, che «si è resa la vita più facile ai delinquentii è reso più difficile il lavoro di magistrati e giornalisti », ma far capire che con questo provvedimento si ledono non i diritti specifici di una categoria, ma il diritto di tutti i cittadini a conoscere fatti rilevanti e a formarsi consapevolmente un’opinione. Ecco perché Giuseppe Giulietti lancia a editori e giornalisti la proposta di uscire nei prossimi giorni con una prima pagina simulata, come se la legge sulle intercettazioni fosse stata già approvata, sulla clinica Santa Rita di Milano o su un altro importante fatto di cronaca. Che, nota il portavoce di Articolo 21, «così o sarebbe ignoto o verrebbe semplicemente cancellato».
Simone Collini
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