L'intervento dell'on. Rampi sulla situazione degli anziani

. domenica 7 dicembre 2008
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L'onorevole Elisabetta Rampi ci scrive "A seguito dell’ennesima richiesta di fiducia da parte del Governo che impedisce all’opposizione di portare un reale contributo ai provvedimenti in discussione abbiamo presentato una serie di ordini del giorno, di assoluto buon senso, che sono stati respinti per puro pregiudizio ideologico. Vi allego l’illustrazione del mio ordine del giorno riguardante il rapporto Stato e Autonomie locali per la ripartizione di risorse ai comuni con un’alta incidenza di popolazione anziana".
PRESIDENTE. L’onorevole Rampi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1891/51.

ELISABETTA RAMPI (Pd). Signor Presidente, non essendoci stata la possibilità di intervenire nel merito del provvedimento, dal momento che è stata posta per l’ottava volta la questione di fiducia da parte del Governo, abbiamo presentato una serie di ordini del giorno. Quello in oggetto riguarda gli effetti derivanti dalla abolizione integrale dell’ICI, operata frettolosamente dal Governo all’indomani del suo insediamento, che per le modalità dell’intervento ha creato proprio una serie di discrasie. Le risorse in tempo di crisi del sistema economico e finanziario, peraltro già annunciate, avrebbero potuto essere meglio utilizzate per fronteggiare le pesanti ricadute che ormai l’evidente recessione sta creando nel Paese. Prova ne è che le risorse messe in campo dal Governo sono estremamente ridotte, non sufficienti e inadeguate al rilancio dei consumi e dell’economia e soprattutto non danno risposte ai bisogni delle famiglie. Del resto, l’Esecutivo ha fatto altre scelte, ad esempio abbassando la guardia nella lotta all’evasione fiscale certificata dalle minori entrate e dirottando ingenti risorse su Alitalia. Certo, passare dagli spot alla risoluzione dei problemi concreti risulta ora difficile. I problemi concreti riguardano la vita vera della gente e sappiamo che l’istituzione percepita oggi dalla gente e dai cittadini quale più vicina ai propri bisogni è ancora il comune. A causa dei provvedimenti riguardanti l’ICI molti comuni si sono visti aggravare la situazione finanziaria, tanto da creare veri e propri problemi di bilancio. Tali problemi rischiano di ripercuotersi ancora una volta sui soggetti più deboli perché molti comuni saranno costretti a scegliere se tagliare i servizi o aumentare le imposte, aggravando ulteriormente la spirale negativa di questo difficile momento congiunturale. Un recente rapporto della Caritas descrive una situazione allarmante di nuove povertà presenti nel Paese. Sono sindaco di un piccolo comune del Piemonte, un piccolo comune della pianura padana in cui il tenore di vita è piuttosto buono, in cui il tasso di disoccupazione è fisiologico e dove la qualità della vita può dirsi più che soddisfacente. Però, anche da noi cominciano a manifestarsi situazioni di marginalità e come sindaco posso confermare che ogni giorno sono sempre più numerosi i cittadini che si rivolgono al comune per chiedere aiuto. Dove prima il problema era quello di non arrivare a fine mese, ora il problema è addirittura di non arrivare neanche a metà e vi assicuro che per un sindaco è veramente umiliante non poter programmare politiche attive di solidarietà, ma ridursi a gestire in pratica piccole elemosine. Infatti, se è vero che una civiltà si misura da come tratta i soggetti più deboli, con particolare riferimento ai bambini ed agli anziani, dobbiamo dire che i dati relativi alla povertà collocano questi soggetti tra i più disagiati. I comuni che si ritrovano un’alta incidenza di popolazione costituita da cittadini anziani vivono in modo drammatico l’impossibilità economica di agire concretamente a sostegno proprio di quelle persone, che per loro stessa natura hanno lavorato tutta una vita, costruito ricchezza per tutti, hanno fatto grande l’Italia ed ora non hanno gli strumenti, non hanno più gli strumenti per innalzare il proprio reddito, di cui vedono quotidianamente diminuire il potere d’acquisto, proprio mentre aumentano i loro bisogni di cure e di assistenza. Dunque, fornire loro servizi socio-assistenziali dignitosi ed adeguati sul territorio è un imperativo categorico.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ELISABETTA RAMPI. Concludo, signor Presidente: non è solo una spesa, ma è anche in prospettiva un risparmio, perché previene situazioni di solitudine e di abbandono e tende a mantenere il più a lungo possibile la persona anziana nella propria abitazione e nel proprio nucleo familiare, evitando ricoveri, lunghe degenze e ospedalizzazioni i cui costi sono noti a tutti. Concludo quindi chiedendo al Governo di accogliere l’ordine del giorno in esame, che mira proprio ad assicurare risorse adeguate alle amministrazioni comunali di quei territori, in cui si registra un’alta incidenza di popolazione ultrasettantenne

(Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)

ELISABETTA RAMPI. Signor Presidente, signor sottosegretario, chiederei un riesame del parere del Governo. Sono veramente delusa dall’invito al ritiro richiesto per questo e per altri ordini del giorno collegati. In questo caso stiamo parlando di risorse per le persone ultrasettantenni, affinché i comuni che hanno un’alta incidenza di popolazione anziana possano dare risposte socio assistenziali adeguate a chi ha lavorato tutta una vita e a chi ha fatto grande l’Italia. Ora che costoro hanno bisogno di maggiori cure e assistenza si ritrovano magari un reddito il cui potere d’acquisto diminuisce, come sappiamo, di giorno in giorno. Il Governo con questo parere sembra, invece, preferire un atteggiamento ideologico e pregiudiziale rispetto a quello che potrebbe essere il contributo che l’opposizione potrebbe portare sull’argomento e su una questione tanto importante. Chiedo, quindi, al Governo ancora una volta di riconsiderare favorevolmente questo ordine del giorno, dando un segnale chiaro che politiche a tutela dei più deboli possano essere realizzate solo a partire dalle autonomie locali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ELISABETTA RAMPI. Concludo, signor Presidente. Se il Governo invita al ritiro perché pensa forse che la social card possa essere sufficiente a far fronte ai bisogni della gente si sbaglia, perché ciò non è vero. Sappiamo, infatti, che sia la quantità delle risorse stanziate, sia il metodo burocratico utilizzato saranno inefficaci.
Quindi, veramente chiedo di riconsiderare il parere, perché è importante nella ripartizione delle risorse considerare i comuni e il loro rapporto con lo Stato.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo conferma il suo parere. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’ordine del giorno Rampi n. 9/1891/51, non accettato dal Governo.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Presenti e votanti 502. Maggioranza 252. Hanno votato sì 238. Hanno votato no 264).

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Nuovo incarico per la Sen. Biondelli

. sabato 29 novembre 2008
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La Senatrice Biondelli è stata eletta ieri 18 novembre segretario di presidenza alla Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale presieduta dal senatore Ignazio Marino.

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Riunione forum scuola

. martedì 18 novembre 2008
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Mercoledì 19 novembre 2008
ore 21.00

riunione FORUM SCUOLA

presso la sede provinciale PD via Tornielli 8 - Novara

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Dall'On. Rampi sul lavoro

. sabato 15 novembre 2008
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Resoconto dell’illustrazione degli emendamenti all’articolo 2. comma 32 della finanziaria presentati dal Gruppo PD Commissione Lavoro al fine di valorizzare la contrattazione integrativa nelle pubbliche amministrazioni e promuovere un proficuo confronto tra le parti sociali.

Inviato dall'On. Elisabetta Rampi

ELISABETTA RAMPI Signor Presidente, l’emendamento Damiano 2.69, presentato dal gruppo del Partito Democratico della Commissione lavoro, riguarda il trattamento accessorio dei dipendenti della pubblica amministrazione. Siamo favorevoli alla destinazione di risorse finanziarie che privilegino la qualità, la produttività, la capacità innovativa delle prestazioni, anche per i pubblici dipendenti e non solo per i lavoratori di alcune ditte private. Dobbiamo dire, ad onor del vero, che le aziende che finora hanno utilizzato questo strumento per premiare il merito ne hanno visto i benefici solo quando gli obiettivi e i criteri di erogazione erano condivisi dai lavoratori. Diversamente, come dimostra la storia dei superminimi individuali, si ottiene l’esatto contrario: la demotivazione della stragrande maggioranza dei dipendenti, le divisioni interne, il nepotismo. Per questo, occorre valorizzare la contrattazione integrativa, anche nella pubblica amministrazione, settore strategico, in cui appare indispensabile il pieno coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti: dirigenti, quadri, maestranze, rappresentanti dei lavoratori. L’esclusione di uno solo di questi soggetti porta fatalmente al fallimento di ogni operazione volta a migliorare il servizio reso ai cittadini, perché di questo si tratta. Ciò è particolarmente vero in una macchina complessa come l’apparato pubblico, in cui non sempre vi sono indicatori standard della produttività e dove occorre assolutamente evitare di ragionare su schemi di pura discrezionalità. La contrattazione integrativa è uno strumento importante, se ben gestito dalle amministrazioni interessate, quindi se sono definiti in modo chiaro obiettivi e modalità della contrattazione. Ciò per molti versi non è avvenuto in questi anni, ma la responsabilità non attiene certo ai lavoratori: attiene innanzitutto ai Governi ed è l’azione di Governo la prima a dover essere messa in discussione. Non basta affermare genericamente: « Premiamo i meritevoli » per ottenere risultati, perché, per come oggi è organizzata la pubblica amministrazione, il rischio è quello di veder premiati i più acquiescenti ed i meno innovatori, proprio l’esatto opposto di ciò che si vorrebbe ottenere. Vogliamo dunque, con l’emendamento in esame, ribadire che la contrattazione integrativa è uno strumento importante e deve essere considerato un valore, perché la motivazione passa attraverso il coinvolgimento, così come la condivisione degli obiettivi per il raggiungimento del risultato. Non saranno certo valutazioni unilaterali a migliorare la produttività, tanto meno il servizio reso ai cittadini. Per questo, a nome del gruppo del Partito Democratico, chiedo al Governo di accettare il nostro emendamento in esame applausi dei Deputati Gruppo Partito Democratico

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’emendamento Damiano 2.69, non accettato dalla Commissione né dal Governo. (Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione. Comunico il risultato della votazione:
la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti ............................. 507
Votanti ............................... 502
Astenuti .............................. 5
Maggioranza ........................... 252
Hanno votato sì …...................... 231
Hanno votato no ....................... 271)

Passiamo alla votazione dell’emendamento Damiano 2.71.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto L’on. Rampi. Ne ha facoltà

ELISABETTA RAMPI. Signor Presidente, questo emendamento completa il nostro precedente, chiarendo chi sono i soggetti primi della contrattazione. Le organizzazioni sindacali nel nostro Paese hanno una storia consolidata per la difesa dei diritti collettivi ed individuali delle lavoratrici e dei lavoratori, per la difesa dei valori della libertà e della democrazia, a tutela delle istituzioni democratiche, come hanno dimostrato negli anni bui del terrorismo di tutte le matrici, pagando anche spesso di persona. Le organizzazioni sindacali hanno nel nostro Paese una storia di assunzione di responsabilità, come hanno dimostrato, ad esempio, all’inizio degli anni Novanta, assumendosi un pesante carico, nel momento di massima crisi economico-finanziaria, con lo strumento degli accordi interconfederali e come dimostrano, ogni giorno, nonostante i tentativi di creare divisioni. Per questo motivo, appare necessario inserire nel testo un preciso richiamo all’intesa con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale, perché solo queste sono in grado di assicurare una visione globale e non corporativa, operando per il bene comune. Questo Governo sembra essere infastidito da tutte le sedi di confronto. Noi pensiamo che questo sia determinato da un’oggettiva incapacità gestionale e da una visione troppo miope dei rapporti sociali. Occorre superare al più presto questo atteggiamento e recuperare il valore del confronto, inteso anche come prevenzione dei conflitti e delle tensioni sociali che, se ignorate, possono poi degenerare. La macchina dello Stato, colleghi, è evidentemente ingolfata, come dimostra anche l’insoddisfazione della maggior parte dei cittadini italiani. Ripensarla è un dovere, ma farlo in solitudine e, poi, pretendere di calare dall’alto nuove forme organizzative e sistemi premianti è un grave errore. Per questo crediamo che le organizzazioni sindacali debbano essere coinvolte e la contrattazione di secondo livello è uno degli strumenti principe per individuare i veri criteri su cui si basa la produttività nei vari comparti e premiare veramente i meritevoli. Chiediamo, quindi, di votare a favore del nostro emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l’onorevole D’Antoni. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D’ANTONI. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma all’emendamento Damiano 2.71 e per spiegare al Governo e all’Aula che, se come sostiene il Governo, la pubblica amministrazione vuole puntare sulla meritocrazia, sulla produttività e sull’efficienza dell’insieme del Paese, l’unica strada è la contrattazione. Non ce n’è un’altra. Quindi, pensare che tutto questo si possa realizzare in termini unilaterali, con azioni di esempio anche nel settore privato, se è fatto dal settore pubblico, significa tornare all’Ottocento e, cioè, significa non aver fatto i conti con il secolo scorso e le sue conquiste. State facendo un grande errore e non date una mano alla trattativa che è in corso tra le parti sociali, proprio per valorizzare la contrattazione di secondo livello. Il Parlamento e il Governo devono contribuire. In questo modo, affossate quella trattativa, rendetevene conto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) !

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, (Segue la votazione). Dichiaro chiusa la votazione. Comunico PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’emendamento Damiano 2.71, non accettato dalla Commissione né dal Governo. (Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione. Comunico il risultato della votazione:
la Camera respinge

(Presenti ............................. 509
Votanti ............................... 503
Astenuti ................................ 6
Maggioranza ........................... 252
Hanno votato sì .. .................... 238
Hanno votato no ....................... 265).

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Necessità e occasione del PD

. martedì 11 novembre 2008
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I Circoli di Borgomanero - Gozzano - Arona - Invorio - Vergante -
Veruno - Cressa- Suno -Castelletto - Borgoticino -Varallo Pombia


Organizzano un incontro pubblico sul tema

NECESSITÀ E OCCASIONE DEL PARTITO DEMOCRATICO

Interverrà l’On. GIOVANNI BIANCHI

Già presidente del Partito Popolare ed ex presidente nazionale ACLI

Modererà il giornalista Marcello Giordani

Mercoledì 12 Novembre, Ore 21.00
Borgomanero Sala SOMS - ex cinema sociale, c.so Roma 156

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It's a new day

. domenica 9 novembre 2008
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Barack Obama, Democratic Party, è il 44^Presidente degli Stati Uniti d'America.

Ci uniamo alla gioia per questa grande vittoria pubblicando il video tormentone che spopola sul web in questi giorni e che identifica pienamente i sentimenti ed i pensieri dei democratici americani.


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La scuola di oggi è la società di domani

. martedì 28 ottobre 2008
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L'Italia. Migliore di chi la governa: il discorso di Veltroni al Circo Massimo

. domenica 26 ottobre 2008
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Quella di oggi, diciamocelo con orgoglio, è la prima grande manifestazione di massa del riformismo italiano, finalmente unito. E lo è perché il Partito Democratico è il più grande partito riformista che la storia d’Italia abbia mai conosciuto.

Un italiano su tre si riconosce, crede nel disegno di un riformismo moderno. E’ un fatto inedito nella lunga vicenda nazionale. E oggi, in questo luogo splendido e immenso, siamo qui, in tanti, perché vogliamo bene all’Italia, perché amiamo il nostro Paese.

Con lo stesso amore, il 14 ottobre di un anno fa, il Partito Democratico nasceva da un grande evento di popolo.

L’Italia è un Paese migliore della destra che lo governa in questo momento. Migliore della destra che nel tempo recente lo ha già governato, anche se qualcuno troppo spesso finge di dimenticarlo, per sette lunghi e improduttivi anni. L’Italia è un grande Paese democratico, è un Paese che ama la democrazia.

Perché l’Italia non dimentica, non potrà mai dimenticare quanti hanno sofferto, quanti hanno dato la vita per la sua libertà.

Lunedì scorso ci ha lasciati un grande amico, un padre della Repubblica, un maestro di vita per tutti noi. Aveva venticinque anni, Vittorio Foa, quando fu condannato e messo in galera: perché era antifascista, perché pensava diversamente da chi era al potere.

E per chi crede che fino ad un certo punto ci sia stato un fascismo in fondo non troppo cattivo, va ricordato che era il 1935. Non era ancora arrivata la vergogna delle leggi razziali. Ma il regime aveva già fatto in tempo a sopprimere la libertà di stampa e quella di associazione, a chiudere partiti e sindacati, a calpestare il Parlamento e a incarcerare, mandare in esilio o uccidere chi non si piegava alla dittatura: Don Minzoni, Giacomo Matteotti, Piero Gobetti. E due anni dopo la stessa sorte sarebbe stara di Carlo e Nello Rosselli e di Antonio Gramsci.

L’Italia, signor Presidente del Consiglio, è un Paese antifascista.

A chi le chiedeva se anche lei potesse definirsi così, “antifascista”, lei ha risposto con fastidio che non ha tempo da perdere, che ha cose più importanti di cui occuparsi, rispetto all’antifascismo e alla Resistenza.

Il presidente Sarkozy non avrebbe risposto così, non avrebbe detto questo della Resistenza animata dal generale De Gaulle, non avrebbe messo in dubbio che ogni francese è figlio orgoglioso della Parigi liberata dai nazisti.

E né Barack Obama, né John McCain risponderebbero con un’alzata di spalle ad una domanda sulla decisione del presidente Roosevelt di mandare a combattere e a morire migliaia di ragazzi americani. Quei ragazzi americani che sono morti per noi, per restituirci la libertà e la democrazia.

Nessuno avrebbe risposto come il nostro Presidente del Consiglio, perché non c’è nulla di più importante, per un grande Paese, della sua memoria storica. Un Paese senza memoria è un Paese senza identità. E chi non ha identità non ha futuro. E l’Italia ha bisogno di futuro.

Coltivare la memoria dell’antifascismo non è solo un atto di riconoscenza. Come ci ha ricordato un altro grande italiano, un uomo mite e rigoroso come Leopoldo Elia, se la democrazia viene coltivata e vissuta ogni giorno, si espande e cresce. Se viene mortificata e offesa, deperisce e può anche morire.

In tutti i Paesi del mondo ci sono i governi. Ma solo in quelli democratici c’è l’opposizione.

Coltivare la democrazia, farla vivere e crescere ogni giorno, significa rispettare l’opposizione, riconoscere la sua funzione democratica: nelle aule del Parlamento, come nelle piazze del Paese.

Se noi non svolgessimo fino in fondo il nostro ruolo all’opposizione, se non facessimo coesistere la durezza della denuncia e il coraggio della proposta, se non lo facessimo, tradiremmo il nostro mandato. E per colpa nostra, una colpa che sarebbe imperdonabile, la democrazia italiana diventerebbe più debole.

E’ indice di una mentalità sottilmente e pericolosamente illiberale, pensare che in una democrazia non bisogna disturbare il manovratore e che tutto ciò che limita, regola, condiziona il suo potere è solo un fattore di disturbo.

E’ un disturbo il Parlamento, perché vorrebbe e dovrebbe discutere le proposte di legge o i decreti del governo, prima di approvarli.

E’ un disturbo la magistratura, perché esercita un controllo di legalità che non può e non deve risparmiare chi governa la cosa pubblica in nome e per conto della collettività.

E’ un disturbo la Corte costituzionale, perché deve verificare la costituzionalità dei provvedimenti voluti dal governo e approvati dalla maggioranza in parlamento.

E’ un disturbo l’opposizione. Perché spezza l’incantesimo del plebiscitario consenso al governo. Perché dimostra che c’è un altro modo di pensare, che potrebbe domani diventare maggioritario. Perché vuole, come noi vogliamo, una grande innovazione istituzionale, il dimezzamento del numero dei parlamentari, una sola Camera con funzioni legislative, una legge elettorale che restituisca lo scettro ai cittadini. A cominciare dalla battaglia parlamentare che faremo nei prossimi giorni per mantenere il voto di preferenza alle prossime europee.

Una democrazia che decide, decide velocemente, decide dentro i principi della Costituzione, non con pericolose concentrazioni del potere. Una democrazia più moderna, alla quale abbiamo contribuito con le coraggiose decisioni dei mesi scorsi.

Noi oggi interpretiamo la nostra funzione in un modo che è perfettamente coerente con quanto dicemmo già al Lingotto, affermando che il PD, svincolato finalmente dai vecchi ideologismi, sarebbe stato “libero dall’obbligo di essere, di volta in volta, moderato o estremista per legittimare o cancellare la propria storia”.

Questo siamo: un partito libero, che non teme né di apparire moderato agli occhi di alcuni, né di sembrare estremista agli occhi di altri. Perché null’altro è che un grande partito riformista.

Un grande partito riformista, che fa dell’opposizione, un’opposizione di popolo, il modo per incidere oggi sulla realtà del Paese e per essere domani, strette le alleanze che le idee e i programmi vorranno, nuova maggioranza e nuovo governo per l’Italia.

Il PD avrà sempre, anche all’opposizione, una sola stella polare: gli interessi generali del Paese. Quel Paese che amiamo e il cui destino è la nostra ragione d’essere. Quel Paese che vogliamo unire, rifiutando l’odio e la contrapposizione ideologica.

Questa manifestazione è un grande momento di democrazia, sereno e pacifico.

E guai, davvero guai, a chi pensa di ridurre solo minimamente la libertà di avanzare critiche, la libertà di dissentire, la libertà di protestare civilmente contro decisioni e scelte che non condivide.

La democrazia non è un consiglio d’amministrazione. La minaccia irresponsabile e pericolosa di intervenire “attraverso le forze dell’ordine” dentro quei templi del sapere, della conoscenza e del dialogo che sono le Università, è stata qualcosa di abnorme e di mai visto prima. Puntuale, ancora una volta, è poi arrivata la smentita del Presidente del Consiglio. “Sono i giornali che come al solito travisano la realtà”, ha detto da Pechino.

Ora: cambiando il fuso orario si può anche cambiare idea, e in questo caso è un bene che ciò sia avvenuto. C’è però qualcosa su cui vale la pena riflettere. Perché un’alta carica istituzionale si può permettere sistematicamente di negare ciò che è evidente, ciò che per giorni le televisioni hanno ritrasmesso sbugiardando l’ennesima smentita? Perché il Presidente del Consiglio si sente autorizzato, nel pieno della tempesta finanziaria che stiamo vivendo, ad invitare i cittadini a comprare le azioni di questa o quella azienda? Perché può arrivare ad annunciare una decisione non presa come quella della chiusura dei mercati, facendosi smentire persino dalla Casa Bianca? Se l’avessero fatto Gordon Brown o Angela Merkel sarebbe successa una catastrofe. Siccome nel mondo sanno chi è, non è successo niente.

Ma perché coltiva questa impunità delle parole? Questa strategia dell’inganno permanente nei confronti dei cittadini? La presunzione che si possa promettere di tagliare le tasse che poi non si tagliano, di fare delle mirabolanti opere infrastrutturali che poi non vengono nemmeno progettate?

E’ l’idea del potere che non è tenuto a rispondere dei suoi comportamenti. E’ un’idea del potere inaccettabile. E’ la confusione tra governare e prendere il potere.

Contro questi rischi l’opinione pubblica, la cultura, la coscienza critica del Paese, l’antico amore degli italiani per una democrazia viva e piena, devono farsi sentire.

Voglio essere chiaro: noi non pensiamo che questo governo sia la causa di tutti i mali. Non saremo noi, a differenza di chi ci ha preceduto nel ruolo di opposizione, a gridare al regime.

Il problema è che il governo Berlusconi è totalmente inadeguato a fronteggiare la gravissima crisi che stiamo vivendo. E lo è per una ragione semplice: perché non ha nel cuore l’Italia che produce e che lavora, l’Italia che soffre. E’ un governo che si occupa di rassicurare i potenti di questo Paese, piuttosto che di combattere la drammatica situazione di imprese e lavoratori.

L’Italia può essere altro. L’Italia “è” altro.

E’ però vero che la fotografia dell’Italia attuale sta sbiadendo, ha quasi del tutto perso i colori, e la ricchezza delle sfumature, della modernità. I volti degli italiani appaiono sgranati e in bianco e nero. Come le vecchie immagini di una volta, perché l’immobilismo che già ieri ci condannava ad una crescita stentata rischia oggi, dentro una crisi economica di questa gravità, di farci tornare drammaticamente indietro.

Tornano indietro gli artigiani, gli operai. C’è stato un tempo in cui la fatica, i sacrifici e il talento, la specializzazione, davano dignità al lavoro e permettevano anche di metter su un laboratorio in proprio, e poi magari una piccola fabbrica. L’ascensore sociale funzionava, le condizioni di vita miglioravano. E comunque c’era la speranza che questo potesse accadere.

Oggi come vive un operaio che fatica tutto il giorno, e che troppo spesso in questo Paese sul lavoro rischia la vita, per 1.200 euro al mese? Che speranza può avere di poter star meglio, se deve invece preoccuparsi di essere messo in cassa integrazione, di arrivare in fabbrica una mattina e di leggere nella bacheca di servizio che fra sei mesi si chiude perché la produzione si ferma?

Tornano indietro le aziende, rischiano di tornare indietro i piccoli e medi imprenditori. Quelli che sanno mettere a punto nuove tecniche e creare nuovi prodotti, e che così hanno fatto crescere il Paese.

E’ gente onesta, che esce di casa che è ancora buio e torna a casa che è già notte, e fatica a dormire per la paura di non farcela e di dover chiudere: perché l’affitto aumenta a rotta di collo, le bollette paiono impazzite, la burocrazia è soffocante, la pressione fiscale opprimente. Sognavano di crescere per poter competere meglio, ma devono fare i conti con una realtà opposta: difficoltà ad avere finanziamenti dalle banche, che anzi chiedono di rientrare rapidamente dal debito, ed esportazioni che calano perché i clienti americani, tedeschi e inglesi sono impegnati a ridurre al massimo i consumi.

Qualche giorno fa, ad una azienda metalmeccanica del bresciano che ha cinquanta dipendenti ed è attiva da mezzo secolo, è stato chiesto di rientrare subito del fido e intanto hanno bloccato le carte di credito. “E’ una cosa umiliante”, ha detto il titolare. Ecco uno degli effetti di questa crisi: non conta la storia e la serietà di un’impresa, si guardano solo i numeri e i conti. Quelli della banca, non quelli dell’azienda.

E tornano indietro, non possono proprio a guardare avanti, i giovani, i nostri ragazzi. Su un muro di Milano qualcuno ha scritto: non c’è più il futuro di una volta. E’ la cosa più grave. Ieri a vent’anni e a trenta si raccoglievano i frutti dello studio o già si lavorava, e comunque si pensava al domani convinti che sarebbe stato migliore rispetto alla vita vissuta dai dei propri genitori.

Oggi i giovani italiani sono prigionieri della gabbia del precariato. Sono storie umilianti, e sono tantissime. La risposta ad un annuncio su Internet e l’invio di un curriculum, le cuffie in testa e il microfono per rispondere alle telefonate, i 1.200 euro lordi promessi dai selezionatori che diventano 800 e cioè 640 netti considerando i giorni effettivi di lavoro.

Quattro euro l’ora. Una vita precaria e i sogni mortificati per quattro euro l’ora. Ma si accetta, perché con il contratto a scadenza si è sotto ricatto. E si accetta.

E quella foto dell’Italia è in bianco e nero, purtroppo, anche a simboleggiare gli opposti, anche a dire dell’estrema ricchezza e dell’estrema povertà che dividono in due un paese ingiusto.

Non siamo solo noi, non è la cattiva propaganda dell’opposizione ad affermarlo, lo ha detto la Banca d’Italia, lo dice l’Ocse: la nostra è una delle società più diseguali dell’Occidente, siamo uno dei paesi nei quali la forbice tra chi ha tanto e chi ha poco o niente si è fatta più larga.

L’Italia ha urgente bisogno di crescere e per questo ci vuole, lo diciamo da mesi, un grande patto tra i produttori.

Siamo nel pieno della terribile, drammatica crisi finanziaria internazionale, che sta producendo una grave recessione mondiale e che si è abbattuta anche sul nostro Paese. Una crisi che richiederebbe, da parte di chi governa, senso di responsabilità e moderazione. Parole sconosciute a Berlusconi.

La crisi non va certo spiegata agli operai, alle imprese, ai ragazzi che cercano o perdono un lavoro. Lo sanno bene, lo sapete bene, lo vivete ogni giorno sulla vostra pelle. Lo sanno i pensionati, che prendono ogni mese la stessa pensione e intanto pagano di più per il pane, per la pasta, per le bollette della luce e del gas. Lo sanno le famiglie italiane, che faticano ad arrivare alla fine del mese. Lo sanno i sette milioni e mezzo di persone che vivono poco al di sopra della soglia di povertà, 500-600 euro al mese, vicinissimi a quegli altri sette milioni e mezzo che già stanno sotto. Fanno 15 milioni in totale. Non esagera, la Caritas Italiana, quando lancia l’allarme povertà.

C’è la crisi. Ed è vero che ci arriva dagli Stati Uniti. Ma nessuno può farne un alibi o una scusa. Soprattutto non può farlo, non può chiamarsi fuori, una destra che per anni ha diffuso a piene mani tre tossine, culturali e politiche.

La prima è un’idea monca della libertà, quella che considera ogni regola come un inciampo, che è figlia dell’ideologia del liberismo selvaggio e dell’individualismo sfrenato. E la disinvoltura con cui si fa una bella capriola e si diventa all’improvviso statalisti nasce dal fatto che l’unico vero sistema che piace alla destra è quello nel quale sia il mercato che lo Stato sono al servizio degli interessi dei più forti.

La seconda tossina è la freddezza, lo scetticismo, l’ostilità perfino nei riguardi dell’Europa. Ed è ovvio: l’Europa è coesione sociale e crescita economica insieme, è un orizzonte che chiama a muoversi in un sistema di regole e responsabilità comuni.

La terza tossina è il primato della finanza e di quella più creativa, più disinvolta e più cinica possibile, nei riguardi del lavoro e della produzione di beni e servizi. Vi farò tutti ricchi, perché il denaro da solo moltiplicherà il denaro, tutti avrete il vostro albero delle monete d’oro nel campo dei miracoli. L’impegno, la fatica, lo studio, la pazienza e la tenacia non servono più, sono avanzi del passato: tutto è facile, tutto è possibile, perché tutto è lecito.

La crisi, ha detto un grande economista come Paul Samuelson, “è figlia di un insieme diabolico di avidità, indebitamento, speculazione, laissez-faire, e soprattutto un’infinita incoscienza”.

C’è il ritratto della destra, dietro queste parole. Anche della destra italiana di questi ultimi quindici anni.

L’intervento dello Stato è “un imperativo categorico”, ha detto Berlusconi fulminato sulla via di Damasco. Ma sicuramente un giorno arriverà una smentita anche di questa frase. Come quando, poche ore dopo averla fatta, ha corretto quell’affermazione destinata comunque a rimanere negli annali per la sua totale irrealtà: “la crisi non avrà effetti sull’economia reale”.

E’ invece proprio l’economia reale l’emergenza vera di queste ore. Cosa ha fatto il Presidente del Consiglio per difendere le piccole e medie imprese o il potere d’acquisto dei salari e degli stipendi degli italiani? Nulla, assolutamente nulla.

Cosa ha fatto, cosa sta facendo il governo per le famiglie? Ha tagliato del 32 per cento il Fondo a loro destinato, e lo ha fatto per coprire una parte dell’abolizione dell’Ici sulle abitazioni dei più ricchi. Così, come ha denunciato l’Associazione famiglie numerose, c’è un “signor Rossi” milionario, che ha 500 mila euro di reddito annuo, diverse case di proprietà e non ha figli, che non paga più l’Ici perché un “signor Rossi” che fa l’operaio, che ha 25 mila euro di reddito annuo e vive in una casa in affitto con moglie e quattro figli a carico, non riceve più i 330 euro che prima gli arrivavano dal Fondo per le famiglie.

Insomma, dinanzi a una crisi che sta impoverendo ancora di più le famiglie italiane, il governo cosa fa? Spende le poche, preziose risorse per i più ricchi. E questi costosi regali li pagano tutti i contribuenti, perché hanno meno servizi, perché pagano più tasse e perché ricevono meno sostegni. Li pagano i Comuni, cuore del nostro Paese, costretti per questo a scelte socialmente dolorose. Li pagano gli italiani all’estero, anche loro cuore del Paese, anche loro colpiti anche dalle scelte di questo governo.

Voglio dirlo chiaramente: il governo ha sbagliato tutte le previsioni economiche, il governo ha fatto una Finanziaria che immaginava una fase di crescita, il governo ha esplicitamente e drammaticamente sottovalutato le conseguenze durissime che la crisi sta avendo sulle famiglie e sulle imprese.

Si sono riuniti anche di notte per garantire sostegno alle banche, quelle banche che devono restare indipendenti dalla politica. Ora si riuniscano anche di notte per fare invece un grande piano per i cittadini, per combattere la recessione e l’impoverimento della società italiana.

Dalla crisi del ’29 si uscì con il New Deal. Ora nel nostro Paese è tempo di un Piano organico per la crescita e la lotta alla povertà e alla precarietà.

L’Italia è un Paese migliore della destra che lo governa.

Le misure per stabilizzare la crisi finanziaria, prese a livello europeo, sono giuste e necessarie. Ma non sono sufficienti. Ne servono altre, indispensabili: il sostegno con un fondo di garanzia alle micro e piccole imprese, un piano di investimenti in infrastrutture e soprattutto un intervento per aumentare i redditi da lavoro, i salari, gli stipendi, le pensioni degli italiani.

Abbiamo presentato proposte per sostenere l’economia reale. Se queste priorità saranno riconosciute noi faremo, come sempre, la nostra parte. La faremo, come ho detto, per l’Italia, non certo per Berlusconi.

Noi da questa piazza non insultiamo nessuno e non gridiamo al regime. La nostra sfida è chiara, ed è la stessa che lanciammo al Lingotto.

Non conservare quello che c’è. Non assegnare al riformismo il compito di difendere anche importanti conquiste del passato.

No, è il tempo della costruzione dell’Italia del nuovo secolo. E’ il tempo del coraggio riformista, non della pigrizia conservatrice.

Le nostre proposte sono sul tavolo. Noi chiediamo di ridurre, a partire dalla prossima tredicesima, il peso delle tasse sui lavoratori dipendenti e sui pensionati. Proponiamo di destinare a questa misura sei miliardi di euro, in un insieme di interventi che valgono lo 0,5 per cento del Pil.

E’ un intervento rilevante ma sostenibile per le nostre finanze pubbliche, risanate dall’azione di un uomo che quando governava pensava al Paese, e non a se stesso: Romano Prodi. E’ un intervento sostenibile, nel momento in cui si è introdotta una maggiore flessibilità dei parametri europei all’interno dei vincoli del Patto.

La spesa pubblica, in Italia, deve essere ridotta. Senza esitazioni. La nostra linea, però, è “spendere meno e spendere meglio”. Non “spendere meno” e basta, senza preoccuparsi di cosa ne sarà delle scuole, degli ospedali, della sicurezza dei cittadini.

Abbiamo sempre detto “pagare meno, pagare tutti”. E invece ora di pagare meno non c’è traccia e la lotta all’evasione fiscale è scomparsa dall’orizzonte. Il governo sta riproponendo la vecchia ricetta: aliquote alte, pochi controlli, evada chi può. Complimenti: è la strada maestra per andare tutti a fondo.

E vorrei porre qui la domanda che si stanno facendo gli imprenditori e tutti gli italiani: dov’è finita la promessa di ridurre le tasse? Di portare la pressione fiscale sotto il 40 per cento?

La verità è che le tasse le stanno aumentando Voglio ripeterlo: le tasse stanno aumentando.

E questo proprio in una fase di recessione, quando si dovrebbe consentire a chi ha redditi medi e bassi di poter aumentare i propri consumi.

E poi: abbiamo sempre detto che la pubblica amministrazione deve essere riformata. Dunque va bene la lotta ai veri fannulloni. Chi lavora nel settore pubblico, a cominciare dai dirigenti, deve metterci il doppio e non la metà dell’impegno di chi lavora nel settore privato.

Ma la pubblica amministrazione è piena anche di persone straordinarie, che mettono al servizio della collettività sapere e competenza, in cambio di un reddito col quale faticano a vivere dignitosamente. Penso agli infermieri e ai medici ospedalieri. Penso agli agenti delle forze di polizia, che rischiano la vita e devono chiedere l’anticipo sulla liquidazione per tirare avanti.

Penso alla scuola, alla ricerca, all’Università. Il governo ha fatto due errori. Il primo: le ha ridotte a voci da tagliare, dimenticando che sono un settore strategico per il futuro del Paese. Un settore da riformare, anche in profondità, ma per investirci maggiori e non minori risorse.

Stupisce lo stupore per la protesta che sta dilagando in tutta Italia. E’ una protesta giusta, perché consapevole, responsabile e assolutamente non violenta. Come sempre dovrà essere, respingendo il tentativo di radicalizzare lo scontro portato avanti dal governo. E’ un movimento senza bandiere né di partito, né di sindacato. Una grande prova di autonomia della società civile. Le maestre insieme alle mamme, gli studenti insieme ai rettori. Questo movimento ama la scuola e la vuole cambiare, tanto che nelle piazze ci va anche per fare lezioni all’aperto di fisica o di filosofia.

Il governo invece sta togliendo l’aria all’Università italiana, sta impedendo l’ingresso di nuove leve di ricercatori e docenti all’interno degli atenei, sta togliendo ogni prospettiva di poter continuare a lavorare nel nostro Paese a giovani scienziati che hanno fin qui fatto partecipare l’Italia a progetti come quelli del Cern di Ginevra o hanno garantito il monitoraggio di vulcani e terremoti in un Paese come il nostro. Giovani scienziati che si sono visti bloccare l’assunzione dal governo Berlusconi del 2002 e che si vedono arrivare il licenziamento dal governo Berlusconi del 2008.

“Prenda nota, signor ministro Giulio Tremonti – non sono io a dirlo, ma è uno storico come Franco Cardini dalle colonne del “Secolo d’Italia” – ritirare l’appoggio alle Università è un modo di rubare ai poveri per dare ai ricchi. Un modo come infiniti altri. Ma è l’esatto contrario di quel che avrebbe voluto il ‘suo’ Robin Hood”.

Il secondo errore è forse ancora più grave. Avete camuffato i tagli sotto le mentite spoglie di una “riformetta” che ha mortificato la dignità culturale e professionale dei docenti, la partecipazione dei genitori e degli studenti, la natura di comunità educante della scuola.

Voglio essere chiaro: ogni posizione conservatrice sulla scuola e l’Università è sbagliata. Abbiamo bisogno della scuola dell’autonomia e del merito. Di una scuola che abbia fiducia nella capacità di scelta dei ragazzi. Di una scuola guidata da un progetto educativo moderno e capace di promuovere opportunità sociali e merito, in un contesto di permanente, indipendente, valutazione di qualità.

I conservatori sono quelli che si preoccupano di sistemare piccoli particolari, come il grembiule e il ripristino dei voti. C’è bisogno invece di una radicale riforma.

E voglio dire che se c’è una materia sulla quale il Paese dovrebbe proiettare se stesso oltre le divisioni, è proprio una scelta di fondo della scuola e dell’Università. Non si può ad ogni cambio di ministro stravolgere la vita di milioni di famiglie, di ragazzi, maestri e professori.

E’ la sfida dell’innovazione della scuola, quella che ci interessa.

La scuola elementare italiana, una delle migliori del mondo, è il frutto di decenni di elaborazione pedagogica, teorica e sul campo. Che cultura, che pensiero, che innovazione c’è dietro il ritorno al maestro unico o all’abolizione per via di fatto del tempo pieno?

E davvero qualcuno pensa che il fenomeno del bullismo si possa risolvere con il voto in condotta? No. Non è così semplice, non è così banale. Dietro questi atteggiamenti c’è molto di più. Dietro il fatto che un bambino su cinque comincia a bere tra gli 11 e i 15 anni c’è davvero un vuoto più grande. C’è il degrado e sociale e il disagio familiare. C’è l’annoiarsi di fronte alla vita di chi forse è spinto a conoscere il prezzo ma certo non il valore delle cose.

Quel vuoto a noi spaventa. Per voi è indifferente. Perché vi è congeniale. L’avete alimentato con la vostra cultura dell’individualismo e dell’egoismo. Con il vostro fastidio per ogni regola morale. Con la vostra idea che contano non lo studio e il lavoro, ma solo il successo facile. Quello che si raggiunge anche senza saper far niente, basta apparire in televisione. Quello che si può ottenere in ogni modo, anche prendendo le scorciatoie e passando sopra gli altri.

Uno scrittore, che di mestiere fa anche il professore, ha raccontato così i pensieri di una sua studentessa, di una ragazza come tante della sua generazione: “Professore, ha presente il fascio di luce che d’improvviso avvolge l’ospite d’onore e lo separa dal buio? Quella chiazza bianca o gialla sul palcoscenico? Mi sono accorta – dice questa ragazza – che è piccola, un cerchio minimo. Tutti non ci possiamo entrare, e neanche parecchi. Lì c’è posto per pochissimi. Per gli altri c’è il buio, il niente, al massimo un posto in platea per applaudire chi ce l’ha fatta e crepare d’invidia. A me non piace stare da una parte ad applaudire agli altri. Oggi a nessuno piace. Ma non mi va nemmeno di uscire dal teatro e mettermi a battere chiodi o sudare per due lire come mio padre e mia madre. Io quella luce la voglio. Io li capisco quelli che bruciano le macchine a Parigi. Loro la luce se la fanno da soli, e il mondo li guarda, arrivano le telecamere e il buio non c’è più, non c’è più questo schifo di vita”.

Questa cultura l’ha creata la destra. L’avete costruita voi. Non vi interessa la scuola perché la vostra scuola è la televisione. E la vostra diseducazione civile degli italiani rimbalza fin dentro le scuole.

Fa rabbrividire la mozione della Lega sulle classi differenziate per i bambini stranieri. “Famiglia cristiana” l’ha definita “la prima mozione razziale approvata dal Parlamento italiano”.

Che nella scuola dell’obbligo ci siano classi separate o test d’ammissione per distinguere un bambino dall’altro è un danno per tutti. E’ un danno per i bambini italiani, che considereranno quei loro amici diversi da loro, introiettando un concetto foriero di catastrofi. E’ un danno drammatico per i bambini immigrati, che si sentiranno messi ai margini e respinti, e coltiveranno un senso di separatezza che potrà essere molto rischioso in primo luogo per la sicurezza della nostra società.

Quella mozione offende i bambini, umilia la scuola e il Parlamento. La questione dell’insegnamento dell’italiano ai bambini stranieri è una questione reale, che da anni la scuola elementare affronta con successo e che dovrà ancora di più saper affrontare, attraverso lo sviluppo dei corsi integrativi e non con la segregazione etnica.

Si chiama interculturalità. Ed è un altro esempio di come l’Italia sia migliore, molto migliore della destra che la governa.

E’ con l’Italia, allora, che dovete discutere e ragionare. Con la scuola e l’università, innanzitutto. E poi in Parlamento: aprendo quello spazio di confronto auspicato con la consueta saggezza dal Presidente Napolitano, cercando soluzioni condivise e perciò stesso durature, perché sottratte al conflitto politico immediato.

Noi vi facciamo una proposta: il Governo ritiri o sospenda il decreto attualmente in discussione in Parlamento, modifichi con la Legge Finanziaria le scelte di bilancio fatte col decreto e avvii subito un confronto con tutti i soggetti interessati, giovani studenti, famiglie, docenti. Fissando un tempo al termine del quale è legittimo che le decisioni siano prese.

E’ il tempo di dirsi chiaramente una cosa, anche autocriticamente: nella scuola e nell’Università italiana forse si spende male, ma certo si spende poco. E’ il cuore del futuro del Paese, e per questo voglio prendere un impegno: quando governeremo l’Italia, noi dovremo fare quello che in questi giorni ha detto il Presidente francese. E cioè un grande sforzo per l’istruzione, per la formazione dei giovani. Sarkozy ha annunciato che all’Università sarà progressivamente destinato il 50 per cento in più di risorse. E’ una assoluta priorità, che non si può non vedere e che non ha colore politico. Quando noi governeremo, faremo altrettanto.

Se le cose cambiano, va cambiato anche il modo di guardarle. Alla parola “costi” si deve sostituire la parola “investire”.

Vale, questo, per la grande frontiera dell’ambiente, per il gigantesco problema del surriscaldamento globale, per la strada indispensabile delle energie rinnovabili.

Basta col pensare che tutto, quando si parla di questioni ambientali, sia solo un costo da sopportare. “Costi irragionevoli”, ha detto il Presidente del Consiglio di fronte ai nostri partner europei.

L’ambiente e l’economia non sono nemici tra loro. Il Pil può salire mentre contemporaneamente aumenta la tutela della natura e migliora la qualità della vita. Anzi: il Pil sale solo se al centro dello sviluppo c’è la sostenibilità, c’è la riconversione dell’economia.

Davvero non si capisce perché se la Germania è riuscita a creare, nel comparto delle fonti rinnovabili, duecentomila posti di lavoro negli ultimi dieci anni, da noi non possa avvenire qualcosa di simile. O perché non sia possibile seguire l’esempio della California, che puntando sull’efficienza energetica ne ha creati un milione e mezzo.

E ad ogni modo: solo se gli impegni internazionali assunti dall’Italia saranno confermati, come è dovere di un grande paese europeo, sarà giusto studiare momenti di flessibilità per venire incontro alle esigenze delle imprese nell’attuale situazione.

Il Partito Democratico vuole essere il grande partito dell’ecologismo moderno, fatto non di pregiudizi antiscientifici, ma dall’idea che sia proprio l’ambiente, scegliendo la via della “rottamazione” del petrolio, della fine della dipendenza dai combustibili fossili, degli investimenti sulle fonti rinnovabili, del potenziamento del trasporto pubblico, a poter garantire la nostra ricchezza di oggi e il domani dei nostri figli.

Alle mie spalle, la vedete, c’è una bellissima frase di di Vittorio Foa: “pensare agli altri, oltre che a se stessi, e pensare al futuro, oltre che al presente”.

Valgono, queste parole, per l’ambiente. E valgono per il drammatico corto circuito che nella nostra società si sta creando per colpa di un’equazione tanto ingiusta quanto sbagliata: più immigrazione uguale insicurezza, straniero uguale estraneo, diverso, “altro” da sé, minaccia per il proprio territorio, la propria casa, la propria incolumità. E quindi nemico da allontanare, da respingere, da cacciare.

Non ci stancheremo mai di ripeterlo e mai di fare di tutto per rendere concreto questo principio: la sicurezza è un diritto fondamentale di ogni cittadino. Chiunque lo colpisce va perseguito, qualunque sia la sua nazionalità. E basta con la vergogna di troppi delinquenti, non importa se italiani o stranieri, arrestati dalla polizia e poi scarcerati dopo pochi giorni, o di condannati che evitano il carcere grazie a una serie infinita di premi e benefici.

Però quell’equazione no, non si può fare. Non si può negare uno dei fondamenti della nostra civiltà: sono gli individui che commettono un crimine che vanno puniti. Mai i gruppi, mai le comunità etniche, sociali o religiose.

La madre del razzismo è la paura. Il problema è che ad alimentarla c’è anche l’uso politico dell’immigrazione. Il massimo dell’ipocrisia in chi, come il governo, dovrebbe avere l’onestà di dire che da quando ci sono loro gli sbarchi sono raddoppiati, le espulsioni sono ferme e si sta creando una nuova bolla di clandestinità.

La paura, ha detto bene Ilvo Diamanti, “paga”. In termini elettorali e di consenso, almeno nell’immediato. “Per contrastare il razzismo”, ha scritto ancora Diamanti, “si dovrebbe combattere la paura. Invece viene lasciata crescere in modo incontrollato. E molti, troppi, la coltivano, questa pianta dai frutti avvelenati che cresce nel giardino di casa nostra”.

Molti, troppi episodi si sono verificati negli ultimi mesi, nelle ultime settimane. Di quasi tutti si è detto “il razzismo non c’entra”. Ma non è razzismo l’assassinio di Abdoul, ucciso per una scatola di biscotti al grido di “sporco negro”? Non ci sono l’ignoranza, l’estraneità e l’ostilità verso “l’altro” dietro l’aggressione di un ragazzo cinese alla fermata di un autobus? Non dobbiamo pensare che ci sia razzismo dietro il fermo violento da parte dei vigili e il pestaggio di Emanuel? Dietro quel negargli persino il cognome?

E c’è un episodio che mi ha colpito particolarmente. In una scuola di una provincia italiana i bambini avevano disegnato, insieme alle loro maestre, delle sagome da mettere vicino alle strisce pedonali per dire agli automobilisti di rallentare. Queste sagome ritraevano loro. Erano bambini e bambine. Erano di colori diversi. Qualcuno deve aver pensato che c’era qualcosa di sbagliato nel fatto che ci fossero ritratti di bambini neri e di bambini bianchi insieme, e ha pensato di andare, di notte, a sbiancare con la vernice le sagome scure. Razzismo strisciante, vigliaccheria e pretesa di insegnare la propria aberrante idea di ciò che è giusto: il peggio del peggio riunito in un solo gesto.

Ecco qualcosa di fronte al quale noi non siamo e non saremo mai indifferenti. Qualcosa che noi combattiamo e combatteremo sempre.

L’Italia non è non sarà mai un Paese razzista.

E domando: la libertà e la democrazia non sono diminuite e ferite quando si ripetono atti di odiosa e intollerabile omofobia, che allontanano le nostre possibilità di convivenza civile e allargano il discrimine che vive sulla propria pelle chi non gode di leggi di pari opportunità e non è adeguatamente tutelato contro i reati d’odio?

L’Italia è un paese migliore della destra che la governa. La sua storia racconta un paese migliore.

Un bravo giornalista lo ha detto bene. Nei decenni successivi alla guerra, i nostri dialetti erano lingue ben strutturate, che resistevano tenacemente alla penetrazione dell’italiano. Allora nessuna Lega pensò di differenziare i ragazzi. Nessun ministro italiano immaginò mai di separare i piemontesi dai calabresi, i lombardi dai siciliani, i veneti dagli abruzzesi. Eppure quella era un’Italia nettamente divisa in classi, piena non solo di differenze linguistiche ma di diseguaglianze sociali. Ma quell’Italia non fu mai razzista, non fu mai “differenziata”.

L’Italia non può diventare questo proprio oggi, nel tempo che vede incrociarsi culture, popoli e persone. Noi non permetteremo che accada. Noi continueremo a credere che alla paura e anche alla sua percezione va data risposta, e che insieme va data risposta a chi arriva qui, lavora onestamente, e chiede integrazione, chiede diritti civili, chiede di poter votare, a cominciare dalle amministrative.

L’Italia è un Paese migliore della destra che la governa.

Moltiplicano l’ingiustizia in un Paese ingiusto.
Scelgono l’immobilismo in un Paese fermo.
Alimentano l’odio in un Paese diviso.
Cavalcano la paura in un Paese spaventato.

Ma l’Italia, nonostante tutto, resta migliore.

Stanno facendo dell’Italia un deserto di valori e la chiamano sicurezza.
Stanno cercando di creare un pensiero unico e lo chiamano gradimento, consenso.
Stanno calpestando principi e regole della vita democratica e la chiamano decisione.

Ma l’Italia, nonostante tutto, resta migliore.

C’è l’Italia delle 250 mila persone che con una firma si sono strette attorno ad un ragazzo di ventotto anni che rischia ogni giorno la vita e che continua a combattere contro la camorra con le sole armi che possiede e vuole usare: la passione civile, il coraggio delle idee e la straordinaria forza della scrittura, che arriva lì dove la violenza e la stupidità di uomini che non valgono nulla non arriveranno mai.

A Roberto Saviano va il grazie di tutti noi che oggi siamo qui in questa piazza.

Lo stesso grazie va alle forze dell’ordine, ai magistrati, agli imprenditori coraggiosi e alle associazioni che ogni giorno contrastano l’illegalità, resistono alla sopraffazione, tengono viva la speranza. Ad ognuno di loro va il grazie di tutti gli italiani onesti e perbene, di tutti coloro che non si rassegnano a pensare che le cose continueranno ad andare così perché così è sempre stato e nulla può cambiare.

Un’altra Italia è possibile. L’Italia della legalità, e non della furbizia. L’Italia della responsabilità, e non dell’esclusivo interesse personale. L’Italia del merito, e non dei favori. L’Italia della solidarietà, e non dell’egoismo. L’Italia dell’innovazione, e non della conservazione.

Oggi da questo luogo meraviglioso noi vogliamo far arrivare agli italiani un messaggio di fiducia.

Le cose possono cambiare. Le cose cambieranno. Non c’è rassegnazione che non possa cedere il passo alla speranza. Non c’è paura che non possa essere vinta dalla consapevolezza di sé e dall’apertura agli altri. Non c’è buio dopo il quale non venga la luce.

E allora dell’Italia tornerà a vedersi tutto il meglio. La civiltà di un popolo che sa accogliere ed includere. La creatività e il talento di generazioni di donne e di uomini che hanno sempre cercato il nuovo. Il coraggio di chi ha traversato il mare, di chi ha lasciato la propria terra per lavorare e fare più ricco il Paese. La tenacia di chi ha rischiato per fare impresa e di chi si sacrifica per difendere legalità e sicurezza.

E’ la nostra meravigliosa Italia. Quella che è stata e quella che può essere. Quella che sarà con il nostro lavoro, il nostro coraggio, la nostra voglia di futuro.

Un’altra Italia è possibile. La faremo insieme.

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Manifestazione nazionale

. martedì 21 ottobre 2008
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25 OTTOBRE A ROMA MANIFESTAZIONE NAZIONALE
del PARTITO DEMOCRATICO


TRENO SPECIALE DA NOVARA
Venerdì 24 Ottobre ore 23.15 (ritrovo alle 22.45 davanti alla stazione)
Ritorno da Roma sabato 25 ottobre in nottata

Costo del treno andata e ritorno 10 euro
Info e prenotazioni: 0321623771 - 3498660750

pdnovara@libero.it
www.pdnovara.blogspot.com



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Tesseramento

. sabato 11 ottobre 2008
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La scorsa settimana, anche a Galliate, ha preso il primo tesseramento al Partito Democratico. Per l’occasione, lo scorso sabato 4 ottobre, è stata organizzata un’iniziativa che ha visto la presenza presso la sede del Circolo di Galliate dell’europarlamentare Giancarlo Susta e della Coordinatrice provinciale del Partito, Paola Turchelli.


E’ necessario il contributo di tutti per fare del PD il più grande partito popolare e riformista italiano. L’avvio del tesseramento rappresenta la prima grande occasione per dimostrare il senso della sfida che ci siamo posti il 14 ottobre scorso.

Per tesserarti al Partito Democratico potrai venirci a trovare durante tutto il mese di ottobre presso la sede del Circolo nelle giornate di martedì e giovedì (dalle 16.30 alle 19.00), sabato (10.30-12.00 /16.30-19.00) e domenica (10.30-12.00).

Si tratta di un’ampia presenza, una sincera disponibilità a riallacciare il dialogo intrapreso nei mesi precedenti con tutti coloro che hanno contribuito con il proprio voto alla costituzione del Partito Democratico a Galliate e con chi, nel corso di questi ultimi mesi, ha maturato la decisione di contribuire attivamente alla vita del Circolo.

L’occasione del tesseramento permetterà di riflettere insieme sulle azioni da intraprendere nel nostro territorio per rispondere alle esigenze dei cittadini e per contrastare l’operato del Governo in carica attraverso la mobilitazione e la raccolta di firme per la petizione “Salva l’Italia”.

Il Coordinatore
Circolo PD di Galliate
Marco Nicolotti



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Convocazione del Consiglio Comunale

. lunedì 15 settembre 2008
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Convocazione del Consiglio Comunale

Giovedì 18 settembre 2008, alle ore 21.00,
è convocato nella Sala consiliare del Castello visconteo-sforzesco il Consiglio comunale
con il seguente ordine del giorno:

1 - Approvazione verbali delle sedute di consiglio comunale in data 29.11.2007 e 21.12.2007;

2 - Ratifica della deliberazione di Giunta comunale n. 145 del 25/07/2008 con oggetto ''Variazioni al bilancio di previsione - esercizio finanziario 2008'';

3 - Piano Regolatore Generale Comunale 2008 - Adozione progetto preliminare e rapporto ambientale ai sensi dell'art. 15 della l.r. n.56/1977 e s.m.i., dell'art. 20 della l.r. n.40/1998 e della d.g.r. n.12/8931 del 09.06.2008;

4 - Regolamento edilizio comunale - approvazione modifiche per adeguamento al progetto preliminare del nuovo Piano Regolatore Generale Comunale;

5 - Istituzione e nomina di una commissione consiliare di studio per l'esame delle osservazioni al progetto preliminare del nuovo P.R.C.G;

6 - Comunicazioni del Sindaco.

Nel caso in cui alle ore 24.00 il Consiglio comunale non avesse esaurito la trattazione degli argomenti all’ordine del giorno, la seduta verrà sospesa e proseguirà il giorno 22 settembre 2008, alle ore 21.00.


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"Salva l'Italia": Franca Biondelli ed Elisabetta Rampi a Galliate

Tappa galliatese per il pullman del Partito Democratico impegnato nella campagna "Salva L'Italia". Sotto una pioggia scrosciante, lo scorso venerdì mattina il pullman del P.D. è arrivato in piazza San Giuseppe con a bordo l'onorevole Elisabetta Rampi e la senatrice Franca Biondelli, con il sindaco Arturo Boccara a fare gli onori di casa.

Ad accoglierlo, il vicesindaco, Susanna Garzulano, il coordinatore del Pd locale Marco Nicolotti e Terry Basso, componente del coordinamento provinciale. Dopo una passeggiata tra le bancarelle del mercato, sosta sotto i portici del Municipio per la raccolta di firme, alla quale ha dato la propria adesione anche il Vice-presidente della Provincia e Coordinatore provinciale del Pd, Paola Turchelli. Elisabetta Rampi e Franca Biondelli hanno concluso la loro mattinata galliatese con una breve visita al Varallino per incontrare i volontari della Tenda Gialla.

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Il pullman del tour nazionale "Salva l'Italia" a Galliate

. mercoledì 10 settembre 2008
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Prosegue senza sosta, anche sul territorio novarese, la campagna “Salva l’Italia” , che nel corso dell’estate ha raccolto ampio consenso e interesse dei cittadini all’interno delle feste del PD.
Venerdì 12 settembre alle 10.30 a Galliate in piazza San Giuseppe arriverà il pullman del tour nazionale “salva l’Italia”. Tutto il gruppo dirigente locale del Partito democratico, i deputati e senatori, gli amministratori locali e i dirigenti locali si sono resi disponibili per sostenere la campagna, venerdì infatti saranno presenti la coordinatrice provinciale, Paola Turchelli, il coordinatore del circolo di Galliate, Marco Nicolotti, la sen Franca Biondelli, l’on Betty Rampi, l’Assessore regionale, Giuliana Manica, il Sindaco e Vice-Sindaco di Galliate, Arturo Boccara e Susanna Garzulano.

La petizione ha al centro due questioni: la difesa delle regole democratiche contro le forzature e le leggi sbagliate del governo; la lotta per far ripartire l'Italia, cominciando da stipendi e pensioni.
Milioni di famiglie italiane sono e si sentono sempre più povere.
Invece di pensare a come uscire da questa crisi, invece di tutelare i risparmi e il potere d’acquisto dei salari e degli stipendi degli italiani, invece di impegnarsi a garantire la loro sicurezza, il governo Berlusconi si preoccupa solo delle vicende personali del premier, riportando il Paese al tempo dei conflitti istituzionali, delle leggi ad personam e della confusione tra interessi privati e cosa pubblica.

  • Le tasse aumenteranno ancora dello 0,2%: 7 miliardi di euro l'anno, circa 350 euro l'anno in più a famiglia.
  • Per la sanità altri 8 miliardi di tagli alle Regioni, che saranno costrette a reintrodurre i ticket su farmaci e prestazioni.
  • Invece di eliminare gli sprechi e riorganizzare le pubbliche amministrazioni, il governo taglia infrastrutture, sicurezza, scuola,sanità e Mezzogiorno.
  • Per gli investimenti 10 miliardi in meno.
  • Per la sicurezza, dietro la demagogia di 3 mila militari nelle strade delle città, ridotte le risorse per i corpi di Polizia, con un taglio di quasi 30 mila uomini e donne nell'arco della legislatura.
  • Per la scuola 8 miliardi di euro tagliati e 150 mila tra personale non docente e insegnanti in meno.
La campagna continuerà fino a metà ottobre e si concluderà con la grande manifestazione nazionale del 25 ottobre a Roma, per cui anche da Novara partiranno alcuni pullman. Chi fosse interessato a firmare può farlo presso le sedi dei circoli del PD, chiedere informazioni in via Tornielli 8 a Novara o telefonare allo 0321623771

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Cena del Partito Democratico

. venerdì 5 settembre 2008
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Le vacanze sono ormai terminate e, dopo il periodo di riposo delle ferie estive, abbiamo pensato di riaprire le attività del Circolo di Galliate del Partito Democratico con un appuntamento conviviale in cui ritrovarsi tutti assieme.

L’occasione è data dalla Festa del Varallino, con i suoi stand gastronomici. Per questo motivo è stata organizzata una cena per il prossimo martedì 9 settembre al ristorante della “Tenda Gialla”.

La serata prevede il seguente programma:

ore 19.00: Aperitivo con buffet
ore 20.00: Cena
ore 22.00: Vendita all’asta delle opere realizzate durante “Yes weekend”, nell’ambito dell’appuntamento “Un vuoto da riempire, artisti al lavoro in piazza”, gentilmente donate dagli autori al P.D. Galliate

Il menù della cena prevede:

­ Antipasti misti freddi
­ Paniscia o altri primi a scelta
­ Stufato d’asino con polenta o arrosto di vitello
­ Contorni
­ Formaggi
­ Dolce e caffè

Il costo della cena è di € 20.00 bevande comprese.

Prenotazione obbligatoria entro domenica sera presso:
- Stand “Tenda Gialla” al Varallino
- pdgalliate@gmail.com
- Samarcanda (0321 863002)
- Agnese D’Antonio (335 7940028) e Marco Nicolotti (393 3997926)


Di seguito l’elenco degli artisti le cui opere saranno messe all’asta:

Alice Calcaterra, Belio, Crazy Clown, Diego Fiorani, Fabio Cesio, Franco Marziale, Gabriele Iannone, Giannino Belletti, Italo Stara, Libero Greco, Martina Ferrara, Nino Ferrara, Santo Papaleo, Uldino Desuò.

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Yes weekend sui media nazionali

. martedì 26 agosto 2008
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Tratto da TGCOM del 22/08/2008


Tratto da IL VENERDI', inserto de La Repubblica del 22/08/2008


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La festa è finita

. lunedì 4 agosto 2008
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La festa è finita.
L’evento Yes Weekend che si è tenuto in Piazza Castello da venerdì a domenica scorsi è stato un grande successo.
Un successo che forse nemmeno noi immaginavamo potesse essere di tali proporzioni.
Oltre 5000 persone hanno scelto di trascorrere il fine settimana con noi: una tre giorni all’insegna del divertimento, della buona musica, dell’arte e con una particolare attenzioni ai più piccoli.
Galliatesi e tante altre persone venute da fuori hanno potuto godersi un programma molto ricco.
Venerdì sera si sono esibiti gli “H24 - Vasco Rossi tribute Band”, un complesso di alto livello tecnico che ha scaldato la piazza con le canzoni del Blasco.
Il sabato pomeriggio i bambini presenti hanno potuto dipingere, disegnare, colorare, giocare con l’acqua e fare merenda con noi. Molti erano i piccoli partecipanti che hanno portato una ventata di freschezza in una calda giornata.
Sabato sera le note che risuonavano nell’aria erano quelle dei “Kinds of magic” cha hanno proposto un repertorio interamente dedicato alla musica di Freddie Mercury e dei Queen.
La domenica è iniziata all’ìnsegna dell’arte; numerosi infatti sono stati coloro che si sono cimentati in “un vuoto da riempire”, happening che ha visto gli artisti creare le loro opere in piazza partendo da un soggetto comune e che ha particolarmente coinvolto i presenti ed i passanti. Le opere prodotte sono state donate all’organizzazione e verranno battute all’asta in occasione della festa del Varallino.
La chiusura della festa è stata affidata al gruppo “Anime in plexiglass”, complesso composta da giovani torinesi che hanno fatto ballare e saltare la folla con la musica di Luciano Ligabue. Il punto ristoro ha lavorato a pieno ritmo durante tutta la festa, cibo e bevande sono state servite ad un pubblico entusiasta ma soprattutto affamato.
Gli spaventosi numeri della prima edizione di Yes Weekend però non sarebbero stati possibili senza l’aiuto di diversi soggetti che qui vogliamo ringraziare; innanzitutto i 5000 galliatesi, e non, che sono scesi in piazza nei vari momenti creati ad hoc per loro, il Circolo del Partito Democratico di Galliate che ha creduto in noi ed in questo progetto sin dall'inizio, Virginio Firpo in qualità di Presidente e tutti i soci dell' ”Associazione Tenda Gialla” che ci ha concesso l'uso delle attrezzature e senza la quale non avremmo potuto nemmeno pensare di organizzare uno spazio ristoro, tutti coloro che si sono impegnati nei servizi d'ordine, di bar e di allestimento, le band che hanno suonato, servizi per spettacolo per il service audio luci, Fabio e Diego per la competenza e la cortesia dimostrate, i ragazzi del Partito Democratico che hanno scelto di venire a lavorare a Galliate, le associazioni presenti, gli sponsor che ci hanno sostenuto: Pizzeria Margherita, Bar Ristorante La Cazola, Bar Le Due Colonne, Osteria Mangia e Bevi, Caffè Centro, Margarita’s Cafè, Pavimenti e rivestimenti Umberto Ugazio, Arati Gomme, Pasticceria Vella, NewCabo, Centro del colore, Novacoop.
Un ringraziamento speciale va a tutti i bar ed i ristoranti della piazza con cui c'è stata proficua collaborazione nei tre giorni, agli artisti che hanno creato le loro opere nella giornata di domenica e a tutti coloro che direttamente od indirettamente hanno reso possibile tutto questo.
La festa è finita ma l’entusiasmo che questa prima volta ha generato ci spinge a pensare subito all’organizzazione di un futuro evento;
dal palco in piazza abbiamo dato appuntamento a tutti alla prossima edizione di Yes Weekend…aspettateci perché torneremo!

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Yes weekend, grazie!

. sabato 26 luglio 2008
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GRAZIE!

Una prima serata con le canzoni di Vasco spettacolare, una piazza strapiena, una gioia ed una positività travolgente.


Appuntamento a breve con video e foto della prima serata, ricordiamo a tutti:


SABATO 26 luglio 2008
ore 16.00 GIOCHI: Coloriamo la piazza, Pomeriggio per i più piccoli
ore 21.30 MUSICA: Kind of Magic, Queen tribute band

DOMENICA 27 luglio 2008
ore 10.30 ARTE: Un vuoto da riempire, artisti al lavoro in piazza
ore 21.30 MUSICA: Anime in plexiglass, Ligabue tribute band

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Yes weekend, l'annuncio ufficiale!

. sabato 19 luglio 2008
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YES WEEKEND
Piazza del Castello, Galliate

25 luglio 2008
ore 21.30 MUSICA: H24, Vasco Rossi tribute band

26 luglio 2008
ore 16.00 GIOCHI: Coloriamo la piazza, Pomeriggio per i più piccoli
ore 21.30 MUSICA: Kind of Magic, Queen tribute band

27 luglio 2008
ore 10.30 ARTE: Un vuoto da riempire, artisti al lavoro in piazza
ore 21.30 MUSICA: Anime in plexiglass, Ligabue tribute band

Punto ristoro e numerosi stand di associazioni presenti.

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Party Democratico Cameri

. venerdì 18 luglio 2008
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Dal 18 al 20 luglio a Cameri presso l’area mercato in via Baracca la prima festa provinciale dei giovani del PD.

Quest´anno un nome e un marchio nuovo ideato dai ragazzi del pd di Novara che, sì, partono dalla tradizione, ma guardano al futuro: “Party Democratico” il cui significato va in tre direzioni festa, partito e partenza. Per l’occasione Sergio Staino ha realizzato una vignetta.

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Sulla raccolta di impronte digitali a Rom e Sinti

. domenica 13 luglio 2008
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Nemmeno la recente condanna effettuata dal Parlamento Europeo fermerà il Governo italiano: la schedatura razzista dei Rom e dei Sinti proseguirà, anche quella dei loro bambini, in quanto potenziali futuri “criminali”, con una legislazione d’emergenza che calpesta numerose norme italiane ed europee. I rifiuti sociali vanno eliminati, no? Questa è la triste verità, altro che “censimento” per aiutare i piccoli “nomadi” nella scolarizzazione (molti dei quali di cittadinanza italiana, altri fuggiti dai Balcani a seguito delle guerre degli ultimi anni). Chiunque opera in questi delicati contesti, come le associazioni di volontariato che frequentano davvero i campi, sa che le operazioni umanitarie si conducono in ben altro modo, e non all’interno di un crescente clima forcaiolo in cui razzismo “popolare” e razzismo “istituzionale” si saldano, consentendo che si passi velocemente dal pregiudizio alla discriminazione e alla violenza più o meno legittimata (come negli episodi di incendi ai campi, o di molotov come nel caso di Novara). Cosa si direbbe se si schedassero e si raccogliessero le impronte di tutti gli abitanti dei comuni italiani ad alta densità di criminalità organizzata? Anche lì c’è molta evasione scolastica…
Come associazione che ha le proprie radici ideali nella Resistenza al nazifascismo, abbiamo dunque l’obbligo di ricordare che solo 70 anni fa, in un clima di indifferenza quasi generale, questo Paese promulgò le leggi razziali, dopo che censimenti apparentemente “normali”, di stampo burocratico, si erano sviluppati per qualche mese. La legislazione antisemita (preceduta dalle norme contro i neri delle “colonie”africane) entrò lievemente nella “normalità” della società italiana. Non basta certo il Giorno della memoria per cancellare queste tragiche responsabilità, tanto più se se si finge di non averle. Gli archivi con i dati raccolti servirono allora a individuare, poi discriminare, segregare e infine deportare ebrei e rom (perché non è ancora un dato così noto che anche 500.000 esseri umani appartenenti a questo gruppo, furono assassinati nei lager), così come, per altra via, omosessuali e oppositori politici. E, come diceva Hannah Arendt, fu la banalità del male ad essere determinante, quella banalizzazione che cancellava le responsabilità trasformandoli in fatti tecnici, burocratici, normali: l’ottimo funzionario Eichmann, responsabile nel Reich dell’organizzazione delle deportazioni, così meticoloso e beneducato, poteva dunque dirsi innocente durante il famoso processo.
Non occorre trovare simpatici Rom e Sinti, e neppure negare che alcuni di loro siano colpevoli di atti criminosi, per difenderli totalmente in questa evenienza. Perché la responsabilità è individuale, non etnica, e il nostro Paese dovrebbe ricordare di avere già subito altre condanne europee per la mancata integrazione di questa minoranza. L’ipocrisia di chi nasconde atti di discriminazione etnica, compiuti in nome dello Stato (e dunque ben più gravi di quelli compiuti dal singolo cittadino), fingendo che si tratti di atti umanitari, è la stessa di chi sta strumentalizzando la paura della diversità nei confronti degli stranieri (una paura “umana” di fronte all’insicurezza dell’ignoto), trasformando ogni migrante in capro espiatorio di tutte le insicurezze vissute da una società in profonda crisi. E’ un’ipocrisia colpevole e meschina: cosa succederebbe al nostro sistema sociale se, come per incanto, i migranti scomparissero di colpo?
D’altra parte il rispetto delle minoranze è un grande termometro di civiltà. E per citare ancora la Arendt, “Poter andare dove si vuole è il gesto originario dell’essere liberi, mentre la limitazione di tale libertà è stata da tempi immemorabili il preludio della schiavitù”.
Per tutte queste ragioni l’ANPI provinciale aderisce all’appello “emergenza civiltà, emergenza diritti umani” promosso dalle associazioni novaresi che saranno in piazza Cavour il prossimo 15 luglio, e alla campagna di Arci e Aned (associazione ex deportati nei lager nazisti) per la raccolta delle proprie impronte digitali, come forma attiva di protesta contro la schedatura in atto, proprio per il valore universale che essa sta assumendo.

Anna Cardano, Presidente ANPI provincia d Novara

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Salva l'Italia

. venerdì 11 luglio 2008
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Domani, sabato 12 luglio, inizia in tutte le piazze d'Italia la mobilitazione nazionale "Salva l'Italia!”


S'intitola così la petizione che il Partito Democratico ha promosso e che partirà dal fine settimana per concludersi il 25 ottobre, in occasione della manifestazione nazionale indetta dal partito. La petizione ha al centro due questioni: la difesa delle regole democratiche contro le forzature e le leggi sbagliate del governo; la lotta per far ripartire l'Italia, cominciando da stipendi e pensioni.
“Salvare l'Italia, non il premier” è il titolo della parte istituzionale in cui si indicano problemi e provvedimenti presi a difesa degli interessi privati del presidente del Consiglio e non certo per aumentare la sicurezza.

La maggioranza, che ha puntato in campagna elettorale sul tema della sicurezza, oggi taglia drasticamente fondi e uomini e gioca tutto su provvedimenti demagogici e sbagliati, come la raccolta delle impronte dei bambini rom o il reato di immigrazione clandestina.

Leggi ad personam e un sostanziale “azzeramento” del dibattito parlamentare su una manovra economica improvvisata: questa la miscela avvelenata proposta dal governo e che la petizione vuole battere e fermare. Così sul versante dell'emergenza sociale la petizione sottolinea l'incapacità del governo di affrontare i problemi della crisi economica, dell'impoverimento e del reddito di chi vive di salari e pensioni e non arriva più alla fine del mese. Una situazione che il governo ignora, mentre le promesse elettorali vengono clamorosamente smentite. Le tasse, che si diceva di voler abbassare al 40 per cento, cresceranno e resteranno per tutta la legislatura al 42,9%. Mentre per i redditi bassi si inventa la “carta” per fare la spesa, finanziata soltanto per il 2008 e con 200 milioni, ovvero due euro al mese per ciascun anziano con pensione inferiore ai mille euro al mese.

E non basta: il governo reintroduce i ticket sulla sanità e taglia gli investimenti per le opere pubbliche e le spese per garantire servizi essenziali alla crescita, come la scuola dove si perderanno 150 mila posti di lavoro, con classi più affollate e studenti meno seguiti.

Domani, 12 luglio, a Galliate, in Piazza Vittorio Veneto, sarà presente un Gazebo del Partito Democratico presso cui firmare la petizione “Salva l’Italia”

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Non solo veline

. sabato 5 luglio 2008
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La luna di miele fra l’Italia e il governo sta volgendo al termine. Non c’è bisogno di fare sondaggi per accorgersene: chi ha votato a sinistra pensa di aver fatto l’unica cosa possibile, mentre molti elettori di destra non nascondono la loro delusione e i loro dubbi. Eletto per occuparsi di noi, Berlusconi sembra preoccuparsi solo di sé: prima Rete 4, poi le intercettazioni, poi il processo Mills, poi il disegno di legge salva-premier, poi di nuovo le intercettazioni, i giornalisti, i magistrati.

Però non è così. Mentre noi ci godiamo il calcio e il reality delle attricette raccomandate il governo sta lavorando alacremente, e quel che sta facendo in questo periodo avrà conseguenze durature sulla nostra vita. Il governo ha approvato un decreto sulla sicurezza e un decreto fiscale, ha presentato il Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef), si appresta a varare anticipatamente la legge finanziaria. Inoltre ha deciso che questa volta la manovra non riguarderà solo l’anno a venire (2009), ma inciderà direttamente anche sugli anni successivi.

Che cosa ci riservano tutte queste iniziative? Spero di sbagliarmi, ma a occhio e croce direi che il governo sta silenziosamente tradendo le speranze di chi l’ha votato. Non tanto perché si appresta a varare l’ennesimo pacchetto di leggi ad personam (questo, colpevolmente, interessa poco gli italiani, e pochissimo gli elettori di centro-destra), ma perché più o meno esplicitamente sta facendo marcia indietro sui tre fronti che - appena tre mesi fa - lo avevano visto vincere la sfida con il centro-sinistra.

Il primo fronte sono le tasse. Ho letto attentamente il Dpef e con grande sorpresa ho scoperto che la pressione fiscale non diminuirà nemmeno entro il 2013, e sarà allora più o meno la medesima di oggi, appena ereditata da Prodi (circa il 43% del pil). In poche parole per i prossimi cinque anni le tasse non scenderanno, mentre in campagna elettorale il centro-destra aveva promesso di ridurle progressivamente al di sotto del 40% del Pil (almeno 50 miliardi di euro di tasse in meno, ai prezzi attuali). Coerentemente, il tasso di crescita dell’Italia previsto per i prossimi anni è modestissimo (meno dell’ 1,5%), e resta ampiamente al di sotto di quello dell’Eurozona. In materia di tasse l’unica luce che si intravede all’orizzonte è la semplificazione degli adempimenti fiscali, che speriamo possa procedere senza intoppi e produrre qualche effetto benefico.

Il secondo fronte è la sicurezza. Qui spiace fare la Cassandra, ma per cancellare il mio pessimismo qualcuno dovrebbe spiegarmi come si fa ad avere più giustizia e meno criminalità finché: a) si riducono le risorse alle forze dell’ordine; b) non si fanno investimenti massicci nell’edilizia carceraria; c) si limitano le intercettazioni senza conferire risorse economiche sostitutive; d) si vara una sospensione dei processi che diminuirà l’efficienza della giustizia (un punto rilevato da molti, ma magistralmente spiegato nei dettagli da Bruno Tinti qualche giorno fa su questo giornale).

L’ultimo fronte è la lotta agli sprechi. Non ho dubbi che ministri come Renato Brunetta (Funzione pubblica) e Mariastella Gelmini (Istruzione e università) siano armati delle migliori intenzioni, ma vorrei ricordare che il problema degli sprechi della Pubblica Amministrazione è concentrato in determinati territori (spesso al Sud, ma non solo), e che il ministro Tremonti aveva preso l’impegno di fissare obiettivi di risparmio geograficamente differenziati. Mi auguro di essere smentito, ma mi pare che finora il riferimento alle differenze regionali sia rimasto un po’ generico (si parla di una grande discussione d’autunno sul federalismo fiscale), e che anzi qualche volta si sia riaffacciato lo spettro del «metodo Gordon Brown», ossia di tagli generalizzati o proporzionali alla spesa storica.
Niente diminuzione delle tasse. Improbabile aumento della sicurezza. Scarsa riduzione degli sprechi. Questo mi sembra quel che rischiamo nei prossimi anni. E tutto perché, mentre su questo si decideva, eravamo concentrati tutti quanti su un solo sia pure importantissimo nodo politico: la 374esima puntata della serie tv «Io, le veline e i magistrati».

(tratto da La Stampa, di Luca Ricolfi)

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Prima però le impronte dei parlamentari e dei figli

. giovedì 3 luglio 2008
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Alla prima prova d’esame i ministri "cattolici" del Governo del Cavaliere escono bocciati, senza appello. Per loro la dignità dell’uomo vale zero. Il principio della responsabilità di proteggere (cioè, il riconoscimento dell’unità della famiglia umana e l’attenzione per la dignità di ogni uomo e donna), ampiamente illustrato da papa Benedetto XVI all’Onu, è carta straccia. Nessuno che abbia alzato il dito a contrastare Maroni e l’indecente proposta razzista di prendere le impronte digitali ai bambini rom. Avremmo dato credito al ministro se, assieme alla schedatura, avesse detto come portare i bimbi rom a scuola, togliendoli dagli spazi condivisi coi topi. Che aiuti ha previsto? Nulla. Il prefetto di Roma, Carlo Mosca, s’è rifiutato di schedare, il presidente del Veneto, Galan, ha parlato di "fantapolitica", ma il ministro non arretra d’un millimetro.

Non stupisce, invece, il silenzio della nuova presidente della Commissione per l’infanzia, Alessandra Mussolini (non era più adatta Luisa Santolini, ex presidente del Forum delle famiglie?), perché le schedature etniche e religiose fanno parte del Dna familiare e, finalmente, tornano a essere patrimonio di Governo. Non sappiamo cosa ne pensi Berlusconi: permetterebbe che agenti di polizia prendessero le impronte dei suoi figli o dei suoi nipotini?

A sessant’anni dalle leggi razziali, l’Italia non ha ancora fatto i conti con le sue tragiche responsabilità (non ce ne siamo vergognati abbastanza). In particolare, quei conti non li ha fatti il Centrodestra al Governo, se un ministro propone il concetto di razza nell’ordinamento giuridico. Perché di questo si tratta. Come quando i bambini ebrei venivano identificati con la stella gialla al braccio, in segno di pubblico ludibrio.

Oggi, con le impronte digitali, uno Stato di polizia mostra il volto più feroce a piccoli rom, che pur sono cittadini italiani. Perché non c’è la stessa ostinazione nel combattere la criminalità vera in vaste aree del Paese? Rende meno, forse, politicamente? Ma c’è di più. Stiamo assistendo al crepuscolo della giustizia e alla nascita di un diritto penale straordinario per gli stranieri poveri. La Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia (firmata anche dall’Italia, che tutela i minori da qualsiasi discriminazione) non conta più niente. La schedatura di un bambino rom, che non ha commesso reato, viola la dignità umana. Così come la proposta di togliere la patria potestà ai genitori rom è una forzatura del diritto: nessun Tribunale dei minori la toglierà solo per la povertà e le difficili condizioni di vita.

È giusto reprimere, con forza, chi nei campi nomadi delinque, ma le misure di Maroni non servono a combattere l’accattonaggio (che non è reato). C’è un solo modo perché i bambini rom non vadano a rubare: mandarli a scuola. Qui, sì, ci vorrebbe un decreto legge perché, ogni mattina, pulmini della polizia passassero nei campi nomadi a raccoglierli. Per la sicurezza sarebbero soldi ben spesi.

Quanto alle impronte, se vogliamo prenderle, cominciamo dai nostri figli; ancor meglio, dai parlamentari: i cittadini saprebbero chi lavora e chi marina, e anche chi fa il furbo, votando al posto di un altro. L’affossa "pianisti" sarebbe l’unico "lodo" gradito agli italiani.

(da Famiglia Cristiana del 6-7-2008)

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