Dobbiamo crederci

. domenica 13 aprile 2008

Vedere l’Italia. Ammirarne tutta insieme la straordinaria bellezza. Toccarne con mano i problemi. Ascoltarli dalle parole degli italiani. E sentirli sempre accompagnati, nel loro racconto, dal rifiuto della rassegnazione, dalla speranza, dalla voglia di fare. Candidarsi a guidare un Paese non è detto che consenta automaticamente di far questo. Bisogna volerlo fare. Si deve scegliere di staccarsi dalle rappresentazioni usate nel dibattito pubblico, spesso di comodo, spesso provenienti dai talk-show televisivi e per questo molto accreditate da un certo circuito politico. Si deve aver voglia, invece, di star dentro la realtà, di ascoltare il “respiro” del Paese, di indagarne e sentirne l’anima. Si deve coltivare un’altra idea della politica, fatta di valori, di concretezza, di condivisione, di partecipazione. Io ho voluto fare così. Ho scelto un viaggio nell’Italia vera, in tutte le sue centodieci province, nella loro diversità, nella loro ricchezza, nella loro storia e nella loro identità di oggi.

E’ stata un’esperienza indimenticabile, un privilegio unico,di cui voglio davvero ringraziare le centinaia e centinaia di migliaia di persone che hanno riempito ogni giorno all’inverosimile piazze, teatri, luoghi di lavoro. È successo così in ogni angolo del Paese, in ogni occasione, e davvero ad ogni ora, pensando all’iniziativa che abbiamo fatto a mezzanotte, qualche giorno fa, a Conversano.

In questi cinquanta giorni, poco più, ho visto facce di ogni tipo, ho incrociato sguardi assorti e sorrisi allegri,ho stretto mani forti e ruvide segnate dal duro lavoro di ogni giorno e letto parole di chi del suo sapere non sa ancora bene cosa fare, oppure lo sa ma non trova le giuste opportunità. Ho avvertito esigenze diverse da un posto all’altro, ho ascoltato domande diverse a seconda dell’età, ho sentito porle in tanti accenti e dialetti.

Ma non sono le differenze che in questo viaggio mi hanno colpito. Non date retta a quei politici che da quindici anni hanno come principale pensiero quello di trarre vantaggio dalle divisioni, quello di alimentare un clima di contrapposizione e persino di odio, mettendo gli uni contro gli altri, non esitando a lanciare proposte diverse, e se è per questo anche a stringere alleanze diverse, in base agli interlocutori che hanno di fronte e al luogo in cui si trovano in quel momento. Operai contro imprenditori, immigrati contro italiani, laici contro cattolici, Nord contro Sud.

Non date retta, non prestate fede ai messaggi di questo tipo. Non sono veri, non corrispondono alla realtà. Quel che davvero mi ha colpito, girando in lungo e in largo per il Paese, è stato vedere quanto sono simili le speranze e le preoccupazioni degli italiani. Quanto si assomigliano i problemi. Quanti sono i sogni che ci accomunano.

E non c’è differenza geografica, culturale o sociale che tenga: in ognuna delle centodieci tappe del viaggio io ho sentito che tutti, davvero tutti coloro che erano lì in quel momento c’erano perché credevano in ciò che il nostro Paese può essere.

L’Italia può cambiare, si può chiudere una stagione troppo lunga e aprirne finalmente una nuova. Guardate, nella nostra storia è stato sempre così: le cose più importanti sono successe quando si è trattato di affrontare le prove più difficili,quando il tempo e le circostanze non lasciavano spazio all’attesa, al rinvio, all’immobilismo.

È la storia che lo ha sempre dimostrato: quando gli italiani credono in qualcosa, qualcosa accade. È stato così quando dei ragazzi ebbero il coraggio e la moralità di fare quella scelta che avrebbe cambiato la loro vita e quella dell’Italia. Scelsero la Resistenza, scelsero di unire le loro idee e i loro colori in un solo ideale di libertà e in una sola bandiera: il tricolore.

Quando gli italiani credono in qualcosa, qualcosa accade. È stata la creatività, la forza di volontà, la voglia di rischiare e di fare, che ha permesso alla generazione uscita dal dopoguerra di ricostruire l’Italia. Una classe dirigente vera, capace, fatta di uomini e donne consapevoli del fatto che al di sopra di ogni interesse di parte c’erano, come sempre ci sono, gli interessi nazionali. Mentre si confrontavano, anche duramente, nelle prime elezioni libere dopo più di vent’anni, scrissero la Costituzione. E gli italiani vi si riconobbero, si ritrovarono uniti, per la prima volta davvero consapevolmente.

Quando gli italiani sentono che è il momento, sanno unirsi, sanno fare sacrifici, sanno riconoscere il valore della posta in gioco. Le istituzioni democratiche, nelle piazze di tutto il Paese e nei luoghi di lavoro, le hanno difese loro, mentre l’attacco del terrorismo, trent’anni fa, si faceva più forte e minaccioso. È stato il popolo italiano, in quel momento, a dire nel modo più netto che nessuno avrebbe mai potuto toccare, in nome di teorie aberranti e fuori dal tempo, la libertà e la democrazia di questo Paese.

Noi, che siamo ormai ben dentro un nuovo secolo, che viviamo un tempo nuovo, verso queste generazioni abbiamo un debito. Ma abbiamo anche un modo per saldarlo, che non è solo rivolgere loro un grazie, cosa che facciamo e continueremo sempre a fare. No, il modo migliore è fare per i nostri figli quel che i nostri nonni e i nostri padri hanno saputo fare per noi.

Il modo migliore è cambiare l’Italia, è voltare pagina e cominciare a farlo. Ora ci siamo. Siamo davvero arrivati al momento. Se gli italiani, e io sono ottimista, sono certo sarà così, diranno basta alla vecchia politica, se diranno basta al cinismo, all’odio e alle divisioni, e avranno voglia di credere in ciò che è possibile, che si può fare, allora vinceremo, vinceremo queste elezioni, cambieremo il corso della storia, e lunedì sera diremo “l’abbiamo fatto”, e il vero viaggio sarà davvero cominciato.

Walter Veltroni

L’Unità 13 aprile 2008


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